martedì 15 aprile 2014

RENZI, LE QUOTE ROSA, LA DESTRA E LA SINISTRA

Metà donne al governo, metà donne ai vertici delle aziende di stato , donne capilista per le elezioni del parlamento europeo: è la strategia renziana e della sua coalizione criticata a sinistra e anche dal Movimento 5Stelle. Sarebbe, per i critici, un’operazione mediatica per depistare l’attenzione dalla debolezza delle strategie economico-politiche. E’ così, non è così? Per i suoi critici di sinistra il primo ministro Matteo Renzi sarebbe un Berlusconi ringiovanito: amante come lui del libero mercato e, pertanto perpetuatore delle diseguaglianze sociali e abbattitore dello stato sociale . E’ così, non è così? E poi: c’è ancora una Destra e c’è ancora una Sinistra in quanto tali chiaramente definibili? O tutto sta evaporando in una politica mediatica indistinta? Marco Revelli, politologo illustre, ha notato che, in effetti, nell’immaginario collettivo, le distanze politiche tra Destra e Sinistra si vanno riducendo “fin quasi a perdere di senso” e ciò nel momento in cui le diseguaglianze economiche e sociali vanno aumentando. La Destra, scrive Revelli, sembra darsi come compito il bersaglio delle tipiche istituzioni della modernità industriale: il welfare, la fiscalità progressiva, la legislazione del lavoro ecc.; mentre la Sinistra “è apparsa costretta in un ruolo di conservazione “. C’è un ampio ventaglio di problemi che si sottraggono di fatto allo schema Sinistra/Destra “come i temi ecologici, ma anche le dinamiche relative ai mutamenti in corso nella natura della famiglia, nelle forme e nelle politiche del lavoro, nel modo in cui si pone la questione dell’identità personale e culturale”. (Marco Revelli, Post-Sinistra Cosa resta della politica in un mondo globalizzato,ed.Laterza/La Repubblica, 2014) Verrebbe meno, nella post-modernità globalizzata, la classica conflittualità sulla polarizzazione tra interessi materiali della società di classe , a favore di nuove tematiche quali quelle ambientali , dei conflitti etnici e culturali, dei rapporti donne-uomini, dei diritti degli omosessuali ecc.. A questo venire meno della classica conflittualità delle modernità, si ha da una parte la risposta fondamentalista adatta a calmare gli animi rispetto ai rischi planetari non controllabili (U.Beck) con l’irrigidirsi di capisaldi come religione, famiglia, autorità, nazione e comunità etniche, e dall’altra , con il neoliberismo, smantellando le reti di sicurezza pubbliche legate al welfare: generando solitudine, sfiducia, incertezza diffusa e, soprattutto, invidualismo familistico. E’ in questo contesto generalizzato sul pianeta che si gioca la mediatizzazione della politica che non si rivolge più al cittadino partecipante, bensì all’individuo spettatore che non deve essere indotto a riflettere e a ragionare. I conduttori televisivi sembrano dei domatori di belve che devono aizzare alla lotta gli animali del circo, evitando che si facciano realmente male. Dai Ballarò, alla Gabbia, ai Servizio Pubblico e così via, manca l’ascolto reciproco , l’assunzione di responsabilità, l’ammissione degli errori, in una parola la riflessione. I politici si devono esibire nella sopraffazione reciproca, fino allo sfinimento. Revelli cita Sartori : è così che si ha lo svuotamento culturale della politica e che all’homo sapiens si sostituisce l’omo videns che vede senza capire. Il conduttore è ormai un animatore emozionale e basta e i messaggi sono quindi semplificati a favore del risalto dato ai personaggi politici contro i contenuti della politica. Si gioca continuamente sui primi piani e sui dettagli per dare in pasto al pubblico qualche emozione da gustare per ridere o per rattristarsi. E tutto ciò cosa c’entra con la strategia renziana delle donne nelle istituzioni di potere per superare “il ritardo culturale trentennale” (Domenico Del Rio) ? E’ una strategia d’immagine mediatica? La pensa così il comunista Marco Rizzo ospite della trasmissione Omnibus del 14 aprile. L’argomento era “Nomine, Renzi per le quota rosa”. Rizzo ha sostenuto che è tutta propaganda, finzione per depistare dai reali problemi che sono sempre quelli del conflitto di classe . “Che me ne frega –ha detto-se Obama è nero , a me interessa cosa fa...; o che uno sia donna, gay…ecc.”. Al comunista M.Rizzo bisognerebbe ricordare che Engels scrisse che nella famiglia la donna è il proletario e l’uomo, il capitalista, il padrone. Ma si sa come nella storia dei partiti comunisti questa tesi ha avuto poco fortuna. La crisi delle ideologie ,ovvero dei grandi sistemi ideali del fare politica basati su assunti culturalmente ben definiti, è anche da collegare a questa incapacità (in gran parte maschile) di darsi modalità riflessive capaci di leggere e interpretare i mutamenti avvenuti a livello planetario. Scrive Revelli che la politica privata dai consolidati riferimenti ideologici si è fatta pragmatica e caotica; e poi “minata d auna accentuata vuotezza, da una crescente inconsistenza di forme e figure “. Il tentativo alla Rizzo di marcare le differenze tra Destra e Sinistra, sorvolando ,per esempio, sul permanere del Potere in saldi mani maschili, in realtà dichiara implicitamente l’assenza di risposte possibili “alle questioni vitali del nostro vivere in comune” e, dunque, il fallimento della politica. Può darsi che intenzionalmente sia propaganda quella di Renzi con le “quote rosa” perché potrebbe la convinta, o necessaria , ’adesione della sua compagine governativa ai cosiddetti “valori irrinunciabili” della Chiesa di Roma . A partire, implicitamente, dall ‘adesione alla visione della Natura immutabile posta alla base della complementarietà dei ruoli sessuali. Però di fatto erode l’immaginario collettivo italiano , la mentalità ancora dominate , la tradizione vissuta ancora legata all’idea della donna vincolata (primariamente) al ruolo materno sponsale: lavoro di cura identificatorio e lavoro pubblico complementare .

sabato 12 aprile 2014

A PARIGI, A CASA DI KAROL. UN RICORDO PER LA SUA MORTE

K.S.Karol, marito di Rossana Rossanda, è morto a Parigi dopo una lunga malattia. Luciana Castellina nel suo articolo sul Manifesto (11 aprile) scrive che era stata l’unica firma, insieme a quella di Luigi Pintor ,a presentare il primo numero del quotidiano il 28 aprile 1971. Ebreo polacco si era salvato dal nazismo riparando in Russia, dove si era poi arruolato nell’Armata Rossa. Era stato uno dei fondatori del francese Nouvel Observateur nel 1964. Ho un ricordo simpatico di lui a Venezia, anni settanta, in occasione di un convegno del Manifesto-Pdup sulle opposizioni di sinistra nei Paesi dell’URSS. Si tratta di un frammento, di un poco più di una parola. Karol ci spiegava, forse, la mentalità russa quando fece un esempio: se chiamate a casa vostra un elettricista per un guasto, è probabile che vi faccia “un rubo”, prendendosi la lampadina. Parlava l’italiano, ma con queste, colorite libertà. Nel 1978 decisi che sarei andata a visitare Parigi. Com’è noto in Italia gli insegnanti non ricevono un grande stipendio, pertanto parlai del mio desiderio a Rossana Rossanda chiedendole, come usava a quei tempi, di aiutarmi per un soggiorno in casa di qualche compagno/a francese. Mi rispose che potevo usufruire dell’appartamentino di Karol, in quel momento estivo libero. Guido Pasi, autorevole dirigente ravennate, doveva recarsi a Roma e così fu lui a portarmi le chiavi con una busta. Nella busta c’era una lettera scritta da Karol per la consierge (portinaia) perché, mi spiegò Rossana per telefono, vedendo salire e scendere le scale, entrare in casa di Karol una straniera, avrebbe potuto chiamare la polizia. Nella lettera c’era però anche un assegno di Karol di una banca francese di lire 500.000, semmai mi fossi trovata a mal partito avendo speso tutte le mie risorse. Al rientro, aggiunse Rossana al telefono, avrei restituito l’assegno integro o la somma. Era un minuscolo appartamento al quinto piano: un’entratina con a destra un angolino cucina e poi una stanza con letto matrimoniale, librerie, telefono e tavolo. Dalla finestra si vedeva la Senna e al di là il Louvre. Avevo chiesto, poco prima di partire da Cesena con il treno, di portare con me un’amica; che non era una compagna del Pdup. Insieme , complici, mettemmo il naso nella nell’agenda telefonica di Karol . Scorrevano nomi altisonanti come Simone de Beauvoir, Sartre, il nome del segretario del partito comunista spagnolo in esilio…. Mi telefonò subito un noto giornalista francese che collaborava con il Manifesto: Daniel Singer. Ci invitò a cena nel quartiere latino, nella sua stupenda, ricercata antica casa a pochi passi dalla casa di Mitterand.

mercoledì 26 marzo 2014

I PARROCI DI CERVIA (RAVENNA) E LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DI MAGGIO. PAPA FRANCESCO E IL NUOVO INTEGRALISMO

CERVIA, provincia di Ravenna, ex Stato Pontificio in maggio andrà alle elezioni per il rinnovo dell’amministrazione comunale. Gareggiano –si fa per dire- i candidati di vari schieramenti politici. La posta in gioco è di quelle assai succulenti: il PD, formato ora da ex democristiani ed ex Pci, potrebbe perdere la maggioranza. Il Pci ha governato per decenni senza il bisogno di mescolarsi con altri, ma poi la storia ha virato da un’altra parte e tra ulivi e querce negli ultimi anni, ha condiviso il governo del comune e anche la corsa pazza al consumo scriteriato di suolo. Neo liberismo e neo integralismo cristiano , ovvero mercato senza freni in un mondo globalizzato e corsa a consolidare mondi valorici apparentemente rassicuranti , qui e là si raccordano e si integrano. I parroci del comune di Cervia hanno scritto una “lettera aperta” ai candidati, intimando una risposta a proposito di alcuni punti fermi per i cattolici. Il mio commento Un vero tuffo nel mio passato di bambina: quando il gesuita padre Riccardo Lombardi, detto “il microfono di Dio”si affacciò, in piena campagna elettorale, dalla loggia del vescovado per un comizio contro i comunisti. Era l’anno 1948, il primo delle elezioni repubblicane del parlamento. Mi riferisco alla “lettera dei parroci “ ai candidati sindaci alle elezioni amministrative del prossimo maggio. Mi sorge un interrogativo: il vescovo si è dimenticato di informare i parroci di Cervia del prossimo Sinodo e di distribuire a loro il documento preparatorio “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’Evangelizzazione “? I parroci del Comune illustrano i punti rispetto ai quali i candidati sono perentoriamente invitati a esprimersi “con chiarezza”a favore o contro. Con quali conseguenze se contrari in un punto o due, o tutti? Verranno indicati durante le omelie come indegni di essere eletti alla carica di sindaco perché non risponderebbero alle esigenze dei cristiani cervesi? Il documento preparatorio al Sinodo dei Vescovi che inizierà nel corso del presente anno, nomina “la crisi sociale e spirituale che stiamo vivendo”, invitando a considerarla “una sfida pastorale, che interpella la missione evangelizzatrice della Chiesa “. Perché “si profilano oggi problematiche inedite fino a pochi anni fa, dalla diffusione delle coppie di fatto (…) alle unioni fra persone dello stesso sesso.” Il questionario contiene anche una domanda rispetto alla “legge naturale”: quale posto occupa “nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare.”; “come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia ?” Si potrebbe a questo proposito aggiungere che la Chiesa di papa Francesco forse apre all’interrogativo se si deve ancora considerare la legge naturale come l’astratto dato biologico . E poi storicamente non esiste un solo modo di fare coppia e famiglia. Una domanda riguarda l’atteggiamento delle chiese locali e particolari “ di fronte allo stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione.” Perché i cristiani fanno parte dell’umanità sottoposta a grandi, epocali, mutamenti sociale e “spirituali”. Mentre lo stile della lettera aperta dei parroci è priva di problematicità, lo stile del documento e del questionario, che intende verificare come la pensano proprio i cristiani, concentra l’attenzione sull’esperienza delle persone più che sui problemi teorici. Confermando la linea , defilata, voluta da Papa Francesco rispetto alla politica e allo Stato ; ormai anche evidente nel comportamento della Conferenza Episcopale Italiana.

lunedì 24 marzo 2014

LA STORIA DI SAMIA, ATLETA SOMALA CON IL SOGNO DEL VIAGGIO

Lo io narrante è una donna, una ragazzina, poi una ragazza, lui, lo scrittore, è un giovane uomo. Lo io narrante ha la pelle nera e, a un certo punto, fugge dall’Africa, dalla Somalia, per raggiungere l’Italia. Intraprende il Viaggio, con la v maiuscola e muore nel Mediterraneo. Chi racconta è una ragazza che corre, con le gambe di gazzella, e sogna le Olimpiadi, ma anche la liberazione del suo Paese e delle donne dall’oppressione dell’integralismo islamico. Lui, lo scrittore, è figlio di emigranti meridionali, Una “seconda generazione”, come si dice e si scrive dei figli dei migranti arrivati in Italia bambine e bambini nati sul suolo italiano. “Non dirmi che hai paura ” è stato scritto da Giuseppe Catozzella (ed. Feltrinelli, 2014) che non è al suo primo libro. Il volto che appare nella foto sul libro, è quello di un ragazzo timido che forse non si vanta neppure se ha scritto un bellissimo, poetico racconto della vita di Samia, ragazzina di Mogadiscio con la passione della corsa. “La mattina che io e Alì siamo diventati fratelli faceva un caldo da morire e stavamo riparati sotto l’ombra stretta di un’acacia. Era venerdì, il giorno della festa.” Inizia così la “biografia” della musulmana Samia narrata da Giuseppe, che per mesi si è documentato sulla sua storia, anche intervistando la sorella che, il Viaggio, lo aveva intrapreso prima raggiungendo Lampedusa e poi la Finlandia dove è nata la figlia che ora corre come la zia, sognando le Olimpiadi. Il Viaggio, con la v maiuscola, è quello che affrontano i tanti e le tante persone che cercano un futuro, spesso fuggendo dalle guerre, e un altro destino in Europa. Un Viaggio attraverso i deserti dell’Africa, le città e i villaggi, su e giù da camion e da jeep, pagando i trafficanti di esseri umani uno, due tre o infinite volte, prima di raggiungere le coste africane dalle quali imbarcarsi su trabiccoli insicuri. Samia è affogata, con il sogno del Viaggio quasi realizzato nel cuore e negli occhi, a poche miglia dalla Sicilia nel 2012. Il libro è di quelli che dovrebbero leggere gli italiani e le italiane che urlano e sbraitano allo scandalo quando un barcone approda sulle coste, senza nulla voler sapere e definendo, sempre, con un solo significante le tragedie umane: clandestini. Perché Giuseppe si è identificato nella giovane somala? Non è oltremodo difficile, per un maschio, pensare e provare sentimenti ed emozioni al femminile? A metà degli anni settanta, l’anno e il mese della morte di Mao in Cina, di ritorno a Bari, dopo l’attraversata dell’Adriatico, da un breve tour in Jugoslavia, io e altre tre, raggiungemmo il paese della Lucania dove l’ebreo antifascista Carlo Levi sostò prima di raggiungere Eboli, il confino definitivo impostogli dal regime fascista. Un paesino, Grassano, costruito in alto, sulle colline; bello nelle sue case tutte antiche. La zia di Giuseppe, una di noi quattro ragazze, ci portò a dormire nella piccola, caratteristica casa della sua numerosa famiglia di origine. Visitammo, durante la giornata, la dimora borghese, dove alcune signore ancora viventi, aveva ospitato Levi. La mattina presto ci preparammo a riprendere il viaggio verso il Nord, luogo anche dell’emigrazione della zia e dei suoi fratelli e sorelle. Una vecchia signora amica di famiglia si affacciò presto al portoncino già aperto della casa, con il regalo di una grande frittata di peperoncini rossi. Le descrizioni della zona di Mogadiscio dove Samia cresce nella sua famiglia allargata, mi hanno riportato alla memoria quell’episodio e il paesino di Grassano della Lucania spopolato dai “Viaggi” verso la Germania e il Italia settentrionale. “La nostra casa non era una casa nel senso normale del termine, come possono essere quelle belle, con tutte le comodità. Era piccola, piccolissima. E ci vivevamo in due famiglie, la nostra di Alì, dentro lo stesso cortile, recintato da un muricciolo d’argilla. Chissà quante volte Giuseppe ha ascoltato sua madre e la zia raccontare la vita nella piccola casa di Grassano e della solidarietà tra vicini. Il libro di Giuseppe corre il rischio di essere oggetto di presentazioni, improprie, a uso del terzomondismo nostrano, con domande generalissime sull’emigrazione in stile political correct. Bisognerebbe invece dedicarsi a un commento virato sul genere: Samia è una bambina e poi una giovane appartenente a un mondo a noi estraneo e da capire invece nei tanti risvolti etnici e politici. E sarebbe giusto far risaltare la bellezza stilistica, letteraria, del racconto di Catozzella. Samia viveva nella parte della Somalia occupata dagli integralisti islamici che impongono alle donne il velo e la copertura totale del corpo. Perché il corpo delle donne è possesso maschile e simbolo del potere sulle famiglie e sui territori. Se le donne smettano di provare il sentimento del pudore e pretendono di uscire dai recinti, macchiano irreparabilmente l’onore degli uomini e li espongono al giudizio di mancanza di virilità. Le donne sono marchiate dal loro sesso, per sempre, come esseri inferiori. Aabe però era diverso dagli altri musulmani fondamentalisti. Aabe, che sta per padre, le diceva :” Un giorno guiderai la liberazione delle donne somale dalla schiavitù in cui gli uomini le hanno poste. Sarai la loro guida, piccola guerriera mia. Ogni volta che ho corso, da quel giorno in poi, ho ingoiato metro su metro masticando queste parole salvifiche di mio padre, le parole di Yusuf Omar Nur, figlio di Omar Nur Mohamed. La liberazione del mio popolo e delle donne dell’Islam.” Ecco perché dovrebbero essere dei maschi come Giuseppe, o delle donne, a raccontare e commentare, o a fargli le domande. Samia corre, corre sulle strade polverose, negli stadi somali quando non c’è più nessuno e può togliersi il velo. Mangia polvere e paura accompagnata, inizialmente, da un compagno di giochi che le fa da allenatore. Samia corre anche senza l’amico allenatore che è fuggito dalla guerra somala: ha scelto, prima di lei, il Viaggio. “E comunque, Alì si era sempre dato tante arie, ma era più lento di me, anche se era un maschio. Era più forte, se facevamo la lotta mi batteva, ma era più lento. Quando voleva farmi arrabbiare diceva che ero una wiilo, un maschiaccio, ed era solo per questo che correvo più veloce. Diceva che ero un ragazzo nato dentro il corpo di una femmina, che avevo il moccio al naso proprio come i maschi, e ce da grande mi sarebbero cresciuti i baffi come a suo padre, aabe Yassin. E io lo sapevo, non c’era bisogno che me lo dicesse lui, che ero un maschiaccio e che la gente quando mi vedeva correre senza i veli, senza il qamar e l’hijab,solo con una maglietta più grande di me e i pantaloncini, e io dentro magra come u ramoscello d’ulivo, pensava che non fossi una perfetta figlia del Corano.” Alì, il ragazzino allenatore e amico, è figlio di una cultura maschilista che lo scrittore capisce e descrive: conferendo alla protagonista della sua narrazione il profilo, forte, deciso, tenace delle donne che puntano orgogliosamente al riconoscimento della soggettività femminile e a realizzare un sogno. Gli integralisti vietano la musica, nelle strade e nelle case. Così interpretano il Corano. Chiudono i cinema e obbligano gli uomini a vestire pantaloni lunghi: “Alle donne, poi. Alle donne non era più consentito fare niente, rischiavano a camminare per strada. Provarci senza burqa era un azzardo che poteva costare la vita.“ Giuseppe si sofferma sull’andamento della tragica guerra interna alla Somalia che mutila le famiglie dei suoi membri, come il padre di Samia che verrà prima ferito e poi ucciso. Hodan, la sorella amata che canta le sue canzoni, fugge abbandonandosi nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Samia va a Pechino, alle Olimpiadi e arriva ultima. Alle Olimpiadi lei veste con il solito completo portafortuna. Una maglietta bianca lavata dalla madre e i fouseaux neri che arrivavano sotto il ginocchio. In testa la fascia bianca che il padre le aveva regalato tanti anni prima. La sua corsa davanti a milioni di persone che la guardano anche alla Tv, è descritta lentamente, minuziosamente in pagine su pagine. Si era battuta , a diciassette anni, con la sua magrezza da mancanza di cibo adeguato per un’atleta. Così diversa dalle atlete e atleti colleghi delle nazioni ricche del mondo, che calzano sempre calzature firmate e le tute idem. Il rientro da Pechino segna l’inizio di un incubo. Riceve lettere da tante donne musulmane che l’hanno eletta a eroina, a modello ideale. Sono donne che con lei nutrano : “Speranza. Sogni. Fiducia.” E’ costretta a indossare il burqa e a coprirsi il viso nel paese che aveva rappresentato alle Olimpiadi. I Al – Shabaab forse la odiavano. Hodan, la sorella lontana parlava con lei ogni sera grazie alle nuove tecnologie. Poi arriva la decisione di partire. Seguono ancora pagine e pagine sull’’esodo e la fatica estenuante di una speranza sottoposta a mazzate di frustrazioni attraverso territori immensi e ostili. Aveva trovato in fretta i trafficanti di uomini per entrare in Sudan. I somali sanno come si fa. Il corpo piccolo, minuto, le gambe di gazzella si abituano a buche e bruschi movimenti; al vomito e alla spossatezza infinita. La mente deve accettare gli imbrogli dei trafficanti, gente delle stesse etnie, che si inventano il modo di richiedere denaro non pattuito. Dalla nostra parte non sappiamo e non possiamo immaginare cosa vuol dire essere in balia dei propri spietati e feroci simili. Per le donne è peggio, perché in cambio di un biglietto di sola andata ti violentano. A Tripoli ci arriva dopo cinque mesi. A Tripoli ci vive un mese in attesa di imbarcarsi per l’Italia. A Tripoli le parole che scorrano in attesa dell’imbarco sono “Italia” e “Lampedusa”. Nelle acque del Mediterraneo, in prossimità dello sbarco, si conclude la sua giovane vita.

mercoledì 26 febbraio 2014

LA RIDUZIONE DELLE RISORSE, LO SPERPERO DI DENARO PUBBLICO NEL MEZZOGIORNO ,IL GOVERNO RENZI E LO SPETTRO DELLA GRECIA

Al ministero dell’Ambiente, alla “tutela del territorio e del mare”, Renzi ha voluto un commercialista bolognese fans di Casini: quello che un giorno lascia, schifato, Berlusconi e il giorno dopo anela a starci insieme. Non risulta che si sia mai interessato, il commercialista, di problemi come la limitazione del consumo di suolo e di acqua bene comune, cioè pubblica. Intanto si attende che il neo primo ministro racconti a noi cittadini/e come troverà le risorse per le riforme annunciate un mese dopo l’altro. Ci sentiamo ripetere, da qualche tempo immemorabile, che lo Stato non ha più le risorse sufficienti per continuare a garantire il diritto alla salute ,all’istruzione, alle pensioni in vecchiaia,ecc. ; cioè, in poche parole, lo stato sociale. Poi ci sentiamo ripetere che la tassazione è eccessiva e la crisi economica ha ridotto i consumi e messo in crisi chi, i beni di consumo, li produceva dando lavoro a giovani e meno giovani. Renzi ha dichiarato nei discorsi d’insediamento alla Camera e al Senato, che occorre partire dalla sistemazione in sicurezza delle scuole e poi del sistema idrogeologico fortemente in dissesto anche a causa della cementificazione selvaggia dei territori agricoli, marittimi ecc. Ha accennato ai Fondi europei che andrebbero spesi secondo le direttive stesse. Chissà se Renzi ha letto il libro di Rizzo e Stella (ed. Feltrinelli, 2013) intitolato SE MUORE IL SUD! Se l’ha letto, fa conto di niente. Il libro potrebbe avere come sottotitolo: sperpero di denaro pubblico per interessi politici e privati. Se l’Italia, già segnata da una casta di politici che ha usato il denaro pubblico e favorito interessi privati dalle Alpi alla Sicilia, continua a fare conto di niente per il malgoverno del Sud che, dicono i due autori, è amplificato all’eccesso, come si può immaginare un futuro diverso? Il libro, documentassimo, presenta una situazione da brividi. Stella e Rizzo scrivono che per aiutare i tantissimi meridionali in gamba, si deve trovare “ il coraggio di guardare senza ipocrisie pelose a cosa è ridotto il Mezzogiorno.” Vediamo. Cassa regionale per il credito alle imprese artigiane siciliane. Su 87 dipendenti ben 55 hanno ottenuto una qualifica dirigenziale o assimilata. Lo stipendio medio degli amministratori nominati dalla politica nel Mezzogiorno è in genere più alto di tutti gli altri. Secondo dati del 2007 è di 40.363 al Centro, di 44.559 al Nord; ma in Sicilia e min Sardegna è di 73.537. L’Astronave, il palazzo che ospita il consiglio regionale calabro, costa ogni anno 77,9 milioni di euro. Il doppio di quello dell’Emilia-Romagna con il doppio degli abitanti. 365 dei 580 dipendenti della Regione siciliana andati in pensione nel 2012, hanno lasciato il lavoro in anticipo a causa di un parente disabile da accudire, approfittando di una legge troppo tardi abolita. Rizzo/Stella si chiedono come mai il divario con il resto d’Italia e d’Europa non si è mai ridotto né durante gli anni dei massicci investimenti della Cassa del Mezzogiorno (nata nel 1950), né con il fiume di soldi arrivato in Campania e Basilicata dopo il terremoto del 1980 e neppure con gli interventi straordinari dal 1986. Le donne: nei 27 paesi Ue (dati Eurostar) il tasso di occupazione femminile si colloca in media al 64 %. L’Italia è al 57 %. Ma al Sud risultano inattive due donne su tre. Ogni cittadino centro-settentrionale spende ogni anno per gli apparati dei propri municipi 113 euro. Nel Sud salgano a 142 e in Sicilia a 186. Rizzo /Stella si chiedono: ” come diavolo venne in mente alle autorità di allora di mettere l’immensa raffineria, oggi per metà dell’Eni e per metà della Kuwait Petroleum Corporation, proprio lì, su una costa all’epoca meravigliosa? In faccia alle magiche Isole Eolie?In un’area ad altissimo rischio sismico?” Non si ripete che il turismo, da quelle parti, risolleverebbe le sorti del Sud e dell’Italia tutta? Il Mezzogiorno ospita 15 siti dell’Unesco, ma dei 380 milioni di presenze turistiche, neppure il 205 si concentra nel Sud. Nel 2012 i turisti stranieri hanno speso in Italia 32 miliardi di euro, ma di questi appena 4 sono andati al Mezzogiorno. A Capua sono stati venduti (2012) per il circuito Anfiteatro 10.659 biglietti, cioè …29 al giorno. I dipendenti da pagare, all’inizio degli anni duemila, erano 72! Reggia di Carditello. I re di Napoli avevano scelto questa campagna per costruire la loro villa che chiamavano “Real Delizia”. Il degrado e l’abbandono regnano su quest’antica magnificenza: si sono portati via anche l’impianto elettrico. La Reggia di Caserta è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. I visitatori paganti sono (2012) 670 al giorno. Che dire del teatro di Pompei ristrutturato con il calcestruzzo? Il ministro berlusconiano Sandro Bondi nominò commissario straordinario Marcello Forti, collaboratore di Guido Bertolaso. Dei 79 milioni spesi in due anni (18 dei quali con la gestione Fiori), 55 mila sono serviti per comprare 1000 bottiglie di vino con l’etichetta Villa dei Misteri della cantina Mastroberardino, per un terzo spedite alle ambasciate nel mondo e per due terzi abbandonate in magazzino. Rizzo e Stella continuano costernati: ammesso che lo stato possa farsi carico di tutto “ è accettabile che copra gli stipendi annuali dei dipendenti del ministero dei Beni culturali recuperando dagli introiti per ogni addetto 9251 euro in Toscana, 3387 in Lombardia, 6896 in Campagna, 250 in Liguria e 56 in Molise?” Che dire poi del confronto fra la Sicilia e le Isole Baleari? Le due realtà territoriali si assomigliano, ma le isole Baleari registrano un numero di presenze undici volte superiore. I siti Unesco delle Baleari sono due, la Sicilia ne ha cinque. Anche le Baleari sono state cementificate, ma non come la Sicilia “dove in riva al mare spiccano obbrobri inaccettabili. Come l’oscena Triscina.” Gridano i due autori: ”Troppo comodo, dare la colpa a ‘Roma ladrona’. Troppo comodo, scaricare tutte le responsabilità sul Nord o comunque sugli altri dopo aver goduto di un’autonomia immensa rispetto a tutte le regioni italiane e mediterranee.”. Secondo dati del 2009 c’erano falsi braccianti ogni 294 abitanti in Basilicata, 242 in Sicilia, uno ogni 163 in Campania, 157 in Puglia e 151 in Calabria. Tolti i casi regionali, si precipita a un falso bracciante ogni 49.133. In Lombardia si tratta di uno ogni 4.890.841. Che dire della formazione al lavoro? A Frattamaggiore, dalle parti di Afragola, la società di formazione per figuranti dello spettacolo First Tel, arrivò a ottenere 1.280-000 euro per una “scuola di veline”. Gli enti formativi in tutta Italia “hanno puntato soprattutto a ‘riempire le classi’ in corsi “ poi risultati inutili all’inserimento nel lavoro, ma nel Mezzogiorno “la sgangherata locomotiva ha deragliato”. Gli enti accreditati in Sicilia sono arrivati al numero iperbolico di (2012) di 1600 con 2200 sedi operative. I corsi di formazione sono stati organizzati con i titoli più fantasiosi: “istruttori di Pilates”, “addetti alle torrette d’avvistamento e spegnimento incendi”, o corsi per “ricamatrici sul canovaccio”e per “piegatrici di tessuto”. Ci sono stati corsi 33 corsi varati per cinque allievi, 24 per quattro, 5 per meno di tre partecipanti. “Non c’è evento sportivo, nell’isola, che non sia stato benedetto da una pioggia di soldi europei. Ed ecco 188.000 euro per due edizioni della maratona di Palermo, 517.000 per tre anni al Concorso internazionale di salto a ostacoli, 2,4 milioni per i Mondiali di scherma, 111.000 per gli Internazionali di tennis, 195.000 per le ‘Final four’ femminili di Coppa Italia…”. Per non parlare delle sagre e delle fiere di paese, come il presepe vivente di Custonaci. Ma cosa c’entrano, si chiedano Rizzo/Stella, nell’ottica di Bruxelles? Certo, anche al Nord si sprecano i soldi europei, ma la distribuzione pro capite per area è diversa. Ogni lombardo ha avuto 122 euro di Fesr, ogni calabrese 2865, ogni lucano 3807. Certo, sono euro destinati alle zone più povere, ma se poi si utilizzano per finanziare con 66.140 euro, per la metà europei, la sala scommesse Rio Casinò Palace di Montorio la Vomano in provincia di Teramo? La Slovenia, per fare un esempio, i soldi Ue li investe per le energie alternative, il contenimento delle tasse scolastiche, l’illuminazione pubblica, la qualità del sistema universitario, ecc. La Calabria, tanto per fare un altro esempio, con quei soldi ha finanziato la sponsorizzazione della nazionale di calcio di Marcello Lippi dal 2008 al 2010. Lasciamo stare, non continuiamo con la lettura del libro e ritorniamo all’Italia che sta scivolando inesorabilmente verso la situazione già occupata dalla Grecia. Lo scrive Barbara Spinelli (La Repubblica, 26 febbraio): “La Grecia prefigura il nostro futuro prossimo se le politiche del debito non mutano; se scendono ancora le spese sociali.” Si riferisce al fatto incontestabile che dopo sei anni di crisi in Grecia lo stato sociale non garantisce più l’accesso gratuito alla sanità con conseguenze catastrofiche. Le morti bianche dei lattanti sono aumentate fra il 2008 e il 2010 del 43 %. Il numero dei bambini nati sottopeso è cresciuto del 19 % e quello dei morti nati del 20. Muoiono più frequentemente i vecchi e si estende l’Aids perché la distribuzione di siringhe monouso e profilattici è bloccata. E’ ritornata la Tbc assente da 40 anni e la malaria perché mancano soldi per debellare le zanzare.

domenica 2 febbraio 2014

IL NOBILE GRILLO E IL GRANDE STATISTA BERLUSCONI

Berlusconi e Grillo, entrambi avanti negli anni, sembrano condividere la stessa marca del maschilismo italico, così segnato dal ventennio fascista viriloide. Nel giro di pochi giorni si sono esibiti, tanto per non perdere l’abitudine, o personalmente o tramite (Grillo) i suoi guerrieri invincibili, nel linguaggio da bar o da strada. Un abbastanza giovane deputato ha chiamato pompinare tutte le parlamentari Pd e subito, su Facebook, addirittura un residuato “bellico” dei fondamentalisti comunisti italiani, ha postato una vignetta con l’invito a immaginare (in azione erotica pro’ maschi) la solita Rosy Bindi; già insultata, in quanto donna, dal macho Berlusconi ; a suo tempo. Berlusconi in trasferta elettorale in Sardegna, non ha perso l’occasione per i complimenti anni cinquanta, alle donne presenti e per ostentare lo solita fobia omosessuale. Però Grillo ha superato il maestro. Alla presidenza della Camera dei deputati c’è una donna che ai grillini non piace. Per carità, liberi di criticarla. E di trovarla antipatica. Ma perché è una donna che fare se non andare liberamente oltre le legittime critiche politiche, invitando gli elettori maschi a fantasticare uno stupro simbolico? Più o meno, sul Blog di Grillo, è apparsa la provocazione con tanto di video: “ e se ti trovassi in auto con Laura, cosa succederebbe?”. Una valanga d’interventi: c’è chi la mollerebbe sulla strada a fare la prostituta. C’è chi, ovviamente, “se la farebbe”, eccetera su questa linea. E ci siamo: come si “punisce” da che mondo patriarcale esiste, una donna che non si piega, non si sottomette, anzi esibisce forza, scioltezza, stima di sé? Che non si limita a identificarsi con la maternità e la sponsalità devota? E’ scritto anche nel Sacro Corano: le mogli ribelli “battetele”! Più o meno, si racconta, così fece il Valentino, figlio di Papa Borgia, quando riuscì a conquistare Imola difesa ad oltranza da Caterina Sforza. Entrato nella fortezza la prese e la stuprò. Sorprende il silenzio dei guerrieri; ma, soprattutto, delle guerriere del nobile Grillo. E viene in mente quanto racconta il filosofo Emmanuel Levinas, ebreo lituano che si fece cinque anni in un campo vicino a Hannover (Stalag 1492). La sera i prigionieri, dopo il lavoro forzato, attraversavano il paese e la gente distoglieva lo sguardo da loro, perché era proibito dimostrare la minima pietà per gli ebrei. Però c’era un cane che andava loro incontro festosamente. Levinas scrive: “In questo paese c’era dunque ancora un uomo. Ma era un cane”. Pare che il Nobile Capo fiondatosi a Roma, abbia invitato gli esagitati suoi guerrieri a moderare i toni verbali in Parlamento, perché basta e avanza lui, fuori del parlamento. Quelli avevano capito che si poteva sfoderare tutto l’armamentario della buona educazione sessista catto familiare. Poi Grillo li ha risarciti della limitazione con l’invito allo stupro simbolico contro la Laura; e le donne 5Stelle zitte.

venerdì 31 gennaio 2014

OLTRE GII STEREOTIPI DI GENERE. DIFFICILE ANCHE IN FRANCIA

La Francia ha varato un programma sperimentale per insegnare l’uguaglianza dei sessi. Apriti cielo! Sono iniziate subito le proteste del tipo: “Vogliono trasformare tuo figlio in una femmina”. Certo è che a un bambino educato in modo non sessista, una volta diventato parlamentare, non verrebbe in mente di gridare alle colleghe di un altro partito: “ Siete state elette soltanto perché sapere fare bene i pompini.” E’ accaduto in Italia in questi giorni da parte di un giovane eletto nel M5S verso le deputate PD. Com’è accaduto di leggere sui giornali che M. Renzi "ha le palle più grosse di quelle di Berlusconi". Najat Vallaud-Bekacem, ministra per i Diritti delle Donne ha promosso il programma didattico “l’ABCI della parità” in 600 istituti e subito sui muri esterni di alcune scuole è apparso un manifesto con scritto: ” Domani sarai una donna, figlio mio”. Farida Belghoul, ex militante antirazzista, ora prossima a gruppi nazionalisti, antisemiti e omofobi, ha sollevato un vero movimento contro il programma didattico, coinvolgendo le famiglie musulmane che, ovviamente, sono particolarmente legate a un concetto, ritenuto naturale e immutabile, di diversità sessuali dei ruoli in direzione di una presunta superiorità maschile. Il programma intende decostruire, sin dalla prima infanzia, gli stereotipi di genere del tipo: “I maschi sono più coraggiosi, migliori in matematica”; “la danza è un’attività per femmine”; “fare i lavori di casa è compito delle femmine”. In Italia un programma didattico di questo tipo dovrebbe partire dai giudizi che le/gli insegnanti da sempre scrivono nelle schede. Quando si tratta delle ragazze ritengono un complimento il “classico” : “timida e riservata”. La ministra francese ci tiene a dire che vuole fare finalmente passare l’idea che non c’è un destino legato al sesso biologico. Nel programma si legge l’invito, ai docenti, di variare giochi e colori , evitando la fissità dell’azzurro per i maschi e il rosa per le bambine. Ma anche l’invito a evitare di mostrare nelle favole principesse eternamente alla ricerca del principe azzurro ; e poi evitare di sollecitate i maschi a giocare sempre con i soldatini e le bambini con le bamboline. E in Italia cosa accadrebbe con QUESTO programma voluto dal ministero della Pubblica Istruzione?